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Nardi-Giannini 750 Bisiluro
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Nardi-Giannini 750 Bisiluro
Sport & Corse
Italy 1955

| Altri


La partecipazione della Nardi-Giannini 750 Bisiluro alla 24 Ore di Le Mans si rivela decisamente sfortunata. Iscritta con il numero 61 e condotta dall’equipaggio italo-francese Mario Damonte / Roger Crovetto (con piloti di riserva Gino Munaron e Paul Graunet), la vettura torinese si dimostra subito capace di prestazioni eccezionali, sbaragliando ripetutamente tutte le concorrenti di classe – e anche diverse vetture più grandi – con medie sul giro vicine ai 150 km/h! Alle 18.28, quindi dopo appena 148 minuti di corsa, la Bisiluro viene risucchiata dallo spostamento d’aria provocato da una grossa Jaguar in fase di sorpasso, piroettando diverse volte in aria prima di ricadere capovolta in un canale.
La 24 Ore di Le Mans del 1955 è purtroppo teatro della più grave e spaventosa tragedia mai occorsa in una corsa automobilistica, con un bilancio finale di oltre 100 morti e un numero praticamente incalcolabile di feriti. A raccontare la dinamica e lo svolgimento della sciagura è Jean Bernardet, noto e apprezzato giornalista francese presente alla gara in qualità di commissario tecnico al box Mercedes (nell’occasione Bernardet resta anche gravemente ferito a una gamba, venendo trasportato all’ospedale proprio dal suo grande amico Enrico Nardi): “La 24 Ore di Le Mans del 1955 rimane un ricordo indelebile per la mia mente, così come per quanti hanno assistito dal vivo alla più grande tragedia mai accaduta nella storia delle competizioni automobilistiche. Avevo faticato non poco a convincere il mio amico Rico [Enrico Nardi, n.d.r.] a venire alla 24 Ore, vincendo la sua radicata paura degli incidenti con il fatto che la Bisiluro aveva comunque bisogno della migliore assistenza tecnica possibile. Quell’anno ero commissario tecnico ai box Mercedes. Nel momento dell’incidente, stavo facendo indietreggiare in posizione sicura un collega addetto al prelievo dei campioni di benzina durante i rifornimenti delle 300 SLR. Stavo appunto tirando il commissario per un braccio quando vidi la Austin-Healey di Macklin piombarci addosso. Il mio tentativo di riparare dentro i box mi riuscì solo in parte: infatti, nel saltare oltre il muretto, fui colpito a una gamba dalla vettura impazzita, ricadendo poi su un gendarme che era invece rimasto ucciso sul colpo.
Perdevo molto sangue. Immediatamente soccorso dai commissari, fui prima adagiato sul muretto e poi condotto dentro il box – la Jaguar del povero Levegh era lì davanti che bruciava – e adagiato su una rudimentale barella di tela. Quest’ultima doveva probabilmente avere la stessa età della 24 Ore di Le Mans (la cui prima edizione fu disputata nel 1923), visto che al momento di sollevarmi i miei amici rimasero con le aste di legno in mano... Fortunatamente arrivarono Nardi e Damonte, che in un baleno mi caricarono sul sedile posteriore della loro Fiat 1100 TV, partendo a tutta velocità – al volante c’era Rico – senza avere la benché minima idea di dove fosse un ospedale. Nardi guidava velocissimo e in maniera assolutamente terrificante, tanto che mi chiesi se l’
Austin-Healey di Macklin non mi avesse parzialmente graziato solo perché finissi convenientemente ucciso contro un albero. Dovetti aspettare fino alle tre del mattino per essere operato. Poco prima di mezzanotte, l’amico André Bourrillon aveva mestamente tessuto il mio necrologio da Radio Luxembourg, dato che figuravo bellamente nella lista ufficiale delle vittime. Lascio immaginare lo stato di mio padre, che solo la mattina dopo fu informato dal direttore de L’Automobile, Jean-Claude Muolin, che si era trattato di un terribile errore.
Riguardo la dinamica dell’incidente, ritengo che Hawthorn doveva sicuramente essere un po’ alticcio. Il pilota inglese non riusciva infatti a notare le insistenti segnalazioni della squadra perché cedesse il volante a Bueb, costringendo un addetto del box a pararsi dritto sulla sua traettoria nella speranza di richiamarne l’attenzione. L’improvvisa e assurda frenata in pieno rettilineo di Hawthorn provocò l’urto tra la Mercedes di Levegh e l’Austin-Healey di Maklin. Scaraventata contro il muretto, la vettura tedesca si disintegrò tra la folla. In quel momento, la Nardi-Giannini 750 Bisiluro si trovava già da tempo capovolta in un fossato, dove era stata scaraventata dal risucchio aerodinamico prodotto da una Jaguar. Rico Nardi non andò mai più a una corsa, al pari del suo vecchio patron Enzo Ferrari.